Claudia Galingani Mongini

Claudia Galingani Mongini, social Media Expert e QLASH Education co-founder, è Game to Women

Claudia Galingani Mongini, social Media Expert e QLASH Education co-founder, è Game to Women

Ha cominciato a guardare ai videogiochi con occhi da videogiocatrice e programmatrice ma, quando ne ha avuto l’opportunità, è entrata nel modo degli esports e oggi li osserva in qualità di social media manager. Claudia ci racconta come ha costruito il dialogo con la community di QLASH e il suo impegno nel progetto QLASH Education, di cui è orgogliosa co-fondatrice.

Ci puoi raccontare qual è il percorso che ti ha condotta a lavorare nel mondo del gaming competitivo e in particolare in Qlash?
Sono un programmatore di computer e mi sono appassionata presto anche alla grafica tridimensionale, al tempo fatta di algoritmi che necessitavano di molto tempo per essere messi in opera. Sui primi videogiochi per Amiga e Commodore era divertente trovare il “punto di ingresso” per poterli riscrivere e cambiare di fatto la giocabilità; da lì mi sono appassionata sempre di più a quello che stava dietro un videogioco: gli schemi, gli algoritmi, la programmazione. PacMan e Qbert non mi bastavano più! Sono poi passata a QUAKE, uno dei primi esempi di videogame competitivo con un torneo organizzato allo SMAU. Non sono una professionista e, anzi, ho davvero poco tempo per giocare, tuttavia quando si è presentata l’occasione di entrare in questo mondo sono stata molto contenta! Lavoravo già da tempo con Luca Pagano, co-founder e CEO di QLASH; quando ha deciso di lanciarsi nel mondo esports non ho esitato un attimo e ho potuto mettere a frutto l’esperienza da retrogamer e la conoscenza del mondo gaming.

Pensi che il fatto di essere in Italia abbia influito o stia influendo in qualche modo sul tuo lavoro?
Ha un peso non indifferente: l’Italia, grazie a QLASH e ad altre realtà importanti, è riuscita a fare dei passi avanti nel mondo del gaming competitivo. Tutti noi siamo stati un catalizzatore di alto livello per il movimento esports e, nel mio caso specifico, ho trovato un terreno dove poter mettere a frutto le mie competenze e riuscire allo stesso tempo a crescere. Siamo ancora un po’ indietro rispetto ad altri paesi, abbiamo ancora molta strada da fare ma negli ultimi anni le sinergie create tra game publisher e operatori di settore si sono dimostrate solide ed innovative. Abbiamo sdoganato il mito del nerd occhialuto e mal nutrito, abbiamo abbattuto gli argini del professionismo e abbiamo portato programmi educativi che sono riusciti ad aiutare persone con disabilità, con disturbi di autismo lievi ma anche genitori, educatori e docenti. Abbiamo davvero cominciato una rivoluzione ma c’è ancora molto lavoro da fare e tante barriere da sgretolare. Proprio grazie a questi interessi così diversi e a queste problematiche, il mio lavoro si è evoluto, sfociando anche nella creazione del progetto Education del quale sono orgogliosa co-founder!

Uno dei tuoi impegni in Qlash è curare la comunicazione sui social media. Ci puoi spiegare quali sono le caratteristiche di questo lavoro nel settore degli esports e come si è evoluto ora che Qlash è a tutti gli effetti una media company?
La comunicazione social è un impegno importante, che regala molte soddisfazioni: non si tratta solo di creare un post e scrivere un testo. È comunicare un messaggio ben preciso, è dialogare con la community, è presentare la vita di QLASH, la vita dei professionisti (player e non solo), è educare le persone che ci seguono ad un uso corretto dei videogame. C’è anche un altro aspetto, emerso con prepotenza durante i mesi di lockdown: tanti ragazzi ci hanno scritto perché si sentivano soli, perché riscontravano delle problematiche molto importanti nella vita di tutti i giorni; quando qualcuno, su un social media, si apre così tanto e ti racconta la sua vita sperando in una risposta, il minimo che puoi fare è prenderti del tempo e parlare. Ascoltare, cercare di capire cosa puoi fare per lui, per lei, per la community. Da queste conversazioni così belle e pure sono nate le basi per vari progetti che stiamo portando avanti. “Dalla community per la community” è una delle nostre mission e cerchiamo di rimanere sempre fedeli a questo pensiero. Stare a contatto con le persone, ogni giorno, per molte ore, ti apre gli occhi. Ma, anche stavolta, non mi è bastato: sono andata oltre, dialogando molto con gli utenti, facendo domande, trattandoli non come utenti ma come compagni di viaggio. Ho imparato molto e mi è servito per adattare, costantemente, il tipo di comunicazione aziendale da proporre. Meno formale, meno distaccata, più down-to-Earth. Il mio, il nostro, approccio è sempre stato trasparente e questo ha invogliato molto diversi tipi di aziende che hanno poi scelto di siglare con QLASH accordi strategici e molto importanti.

Qlash non è solo uno dei team presenti nel panorama esports italiano e internazionale, ma è anche un contenitore di iniziative formative che rientrano sotto il cappello di Qlash Education. Puoi raccontarci qualcosa di più su questa attività che ti vede attivamente coinvolta?
QLASH Education è qualcosa di straordinario, primo e unico progetto nato per avvicinare il mondo del gaming competitivo ai giovani. Abbiamo cominciato con LAB, qualche anno fa, andando nelle scuole superiori a proporre stage di alternanza scuola-lavoro, un’esperienza magnifica che non vedo l’ora di poter riprendere dal vivo! Portiamo la nostra esperienza, come professionisti in vari ambiti, ai ragazzi che cercano uno sbocco lavorativo: una settimana in cui li facciamo immergere nel nostro lavoro: social media manager ed esperti di comunicazione, grafici, copywriter, giocatori professionisti, esperti IT. Lavorano con noi, imparano, creano e mettono in pratica. Bellissimo, davvero bellissimo! Ma non ci limitiamo a questo. Proponiamo incontri tematici con educatori e genitori che hanno tanti dubbi e paure; parliamo con loro e ci avvaliamo di una neuro-psicologa che ci aiuta a scrollare di dosso quel mantello di timore, anche solo nel porre delle domande. Anche queste sono esperienze davvero importanti perché ci permettono di avvicinarci a persone che hanno spesso un’idea distorta del mondo dei videogame.

Siete una delle poche realtà italiane ad avere una vera e propria “casa”, la Qlash House, uno spazio di oltre 2.000 mq che ospita tutte le diverse anime dell’azienda. Può spiegarci come si svolge la giornata tipo al suo interno e perché è così strategico poter avere a disposizione uno spazio del genere?
La QLASH House è stata la prima gaming house sorta in Italia, è proprio la nostra casa e la viviamo esattamente così! I player hanno le loro stanze, postazioni per fare stream, palestra, area relax, cucina e spazio per le attività all’aperto. In QLASH House ci sono anche i nostri staffer e si alternano, a seconda delle esigenze, coach e trainers. Come funziona una giornata per un player? Al mattino colazione, un po’ di riscaldamento, sessioni di allenamento e poi pranzo e debrief. Nel pomeriggio ancora allenamento, relax, cena e poi nanna - spesso prima della nanna ci sono giochi da tavola o stream serali. Per noi dello staff funziona quasi allo stesso modo: colazione, lavoro, pasti principali… e poi scattano le sfide ai videogame! Non è facile, adesso, trovarsi tutti in QLASH House come un tempo, seguiamo regole rigide e limitiamo gli accessi al minimo indispensabile. Anche gli eventi, che siamo stati soliti organizzare, hanno subito uno stop. Per la maggior parte ci siamo spostati online, lasciano solo alcuni eventi live in QLASH House, contingentati e rigorosamente non aperti al pubblico. Speriamo di poter tornare presto alla normalità!